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domenica 23 gennaio 2011

accadde negli anni '70

cara nonnina delle fiabe,
ti chiamo così poiché non so il tuo nome. Forse non l’ho mai saputo. O forse l’ho solo dimenticato. Dopo tanti anni nei miei pensieri sei diventata come un personaggio mitico, una fata, la nonnina che chiunque desidera e sogna. Probabilmente con gli anni la realtà nella mia mente s’è modificata, distorta. Ormai mi piace ricordarti così come appari nei miei sogni ad occhi aperti. Come apparivi ai miei occhi di bambina. E rivedo i tuoi capelli bianchi disegnati da delicate sfumature argentee. Ordinati, legati in una capigliatura soffice. Un piccolo corpo grassottello che accoglie morbido avvolto in abiti poco vistosi e classici. Ti ricordo seduta lì sul muretto di recinzione del parco dell’Appio Claudio. Non so come o perché noi bambini ci ritrovavamo d’un tratto tutti attorno a te. Ci ritrovavamo seduti a terra con lo sguardo sui tuoi gesti, sul tuo viso. E pendevamo dalle tue labbra, la sottile fessura tra le rughe. Lentamente aprivi il tuo quaderno e sceglievi una pagina. Con enfasi ci leggevi la breve favola che forse avevi scritto qualche giorno prima. O chissà quando. Il tuo viso era dolce. Tenero. I tuoi gesti pacati. Ascoltavamo in silenzio fino alla fine. Completamente rapiti dal tuo racconto. Poi la fiaba terminava, noi ancora a bocca aperta. Ringraziavamo con sorrisoni e c’allontanavamo. Di nuovo a giocare. Tu rimanevi lì ancora un po’ tra le altre signore che facevano la maglia o chiacchieravano tra loro. Un giorno non sei venuta al parco. E t’abbiamo cercata. Un altro giorno ancora non sei venuta. T’abbiamo cercata. E poi un altro giorno. E un altro ancora. E un altro. E un altro. Finché nessuno t’ha più attesa. Io però t’immagino ancora lì, a leggere le tue fiabe ai bambini di tutte le generazioni passate e future. Hai colorato di parole la mia fantasia, la mia infanzia. Addio cara nonnina delle fiabe, grazie per avermi regalato quegli istanti indimenticabili.

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