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martedì 3 marzo 2015

Pensieri intimi sui blocchi delle adozioni internazionali in vari paesi.

Coppie allo stremo delle forze. Che cercano appigli anche se minuscoli per tenere quel lumicino di speranza e coraggio sempre accesi. Che si alterano o attaccano per ogni cosa.
E chi reagirebbe in modo diverso?
Dopo anni di percorso (già di per sé estenuante e faticoso seppur a mio parere anche magnifico) ti ritrovi con una foto in mano, quello è tuo figlio. Sai parte della sua storia, tragica. Non l'hai ancora mai incontrato, ma è tuo figlio. Tu lo senti. Sai che è lontano, solo, che soffre, chissà se mangia, se è curato, chissà se ha paura, se piange, se mi aspetta, se mi sogna ...
E a causa di blocchi amministrativi giuridici politici ... Tutto si congela.
Ti danno una data indicativa di sblocco. Trascorrono mesi. Poi anni. Senza informazioni, senza certezze. Silenzi assurdi. Poi la data di riapertura ipotetica arriva e non accade nulla. La data passa. Silenzio. Trascorrono altri giorni, mesi. Nulla. Ora non c'è neanche più una data a cui aggrapparsi. Solo attese dolorose nel silenzio delle istituzioni.
E i traumi si aggiungono e sommano ad altri traumi. Un'attesa che crea delusioni, dolore, incertezza, destabilizzazione.

La speranza è che permettano alle coppie abbinate di portare a casa i loro figli. Al più presto. Ma almeno qualcuno si prendesse la responsabilità di dare risposte. Già sarebbe qualcosa credo. O forse dopo più di un anno di blocco questo non basta più. Servono fatti. E cosa aspettano che i bambini crescono li da solo mentre hanno genitori che li aspettano e si addannano qui? Che il paese straniero chiuda definitivamente con le adozioni internazionali e rimangano tutti appesi nel dolore senza soluzione? E cosa si aspettano che se chiudono definitivamente l'adozione internazionale in quel dato paese la coppia si dia pace? Ma siii tanto quel loro figlio in fin dei conti non l'hanno mai abbracciato o toccato ... NO.
Non si può poi dire o sottintendere a una coppia "... ecco colui che per più di un anno hai pensato e visto come tuo figlio, scordatelo! Non sarà mai tuo. E chissà se al suo paese morirà di fame o malattia o finirà in strada o in un traffico di minori. Tu non ci pensare più."
Io credo impazzirei. Impazzirei anche solo nel vivere questa situazione attuale di blocco indeterminato e silenzioso con una foto in mano nell'attesa che qualcuno mi permetta di raggiungere mio figlio che so che sta soffrendo ed è solo.
Non dormirei più la notte.
Non riuscirei a non pensarci.
Non mi darei pace. T
anti paesi sono in blocco ... Tanti bambini, tante coppie. E intanto il tempo scorre. Uno di questi paesi mi è rimasto nel cuore... Mi auguro al più presto un lieto fine, almeno per gli abbinati. E non mi venissero ancora a dire che in adozione (nazionale o internazionale) pensano prima di ogni cosa al bene dei bambini. Ma per favore... Abbiate almeno il coraggio di ammettere che nella maggior parte dei casi vige la legge del Dio Denaro e della politica!
Ogni volta che ho la notizia di un bimbo adottato e a casa con i genitori finalmente sia in internazionale sia in nazionale ... allora li gioisco. Allora un altro bimbo ha di nuovo la possibilità di essere amato, di avere una famiglia, di avere speranza e prospettive per un futuro migliore! Cose che dovrebbero essergli scontate dalla nascita!

Ci penso spesso.

Forse perché noi abbiamo avuto la fortuna di aver scampato il blocco per un pelo e grazie al buon lavoro del nostro Ente. E non la fortuna nel non abbinamento ma la fortuna di aver evitato tanto dolore. E allora penso a coloro che si ritrovano (o si sono trovate) in questa situazione surreale e tragica. A quei bimbi che avrebbero potuto essere miei e invece non sono di nessuno. A tutti i bimbi che sono lì a "sopravvivere" senza luce in fondo al tunnel. Perché in tutto questo io in fin dei conti spero che i bambini non sappiano che ci sono genitori qui a sognarli nell'ansia, perché sennò come glielo spieghi che hai atteso così tanto tempo per andare a strapparli dal dolore e dargli amore? Cosa gli dici?
O forse è meglio che abbiano una speranza? E poi come gestire tutta questa loro attesa e distanza?
Non so.

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